Il mondo è ammalato a causa della nostra libertà. Abbiamo ottenuto il potere e siamo diventati vittime della nostra potenza. Da liberi tutti uguali, finalmente disinibiti, perennemente in evoluzione abbiamo imparato il movimento dell‘incorporazione. Del consumo e del dominio del mondo, del desiderio trasformato in godimento. E ci abbiamo costruito sopra la società contemporanea. Negando la realtà, il senso, l’altro da noi, siamo diventati violenti, insoddisfatti, depressi. Pieni di cose e perfettamente vuoti. Esiste però un’altra libertà, quella dei liberi: la libertà generativa. Per goderne occorre rivedere il nostro modello di sviluppo, affiancando al movimento del consumo quello del generare. Come insegna Erik Erikson, dopo la fase dell’adolescenza viene quella della generatività. Mettere al mondo, non solo in senso biologico, significa prendere atto dell’altro, farsene carico, assumersi responsabilità. È una forma di filiazione simbolica, di produttività e creatività, ed è anch’essa un’esigenza antropologica, come quella del consumo. Si manifesta nell’arte, nel lavoro cooperativo, nel volontariato, in certa imprenditorialità. Si può riassumere in quattro azioni: generare significa desiderare muovendo verso l’ignoto; mettere al mondo qualcosa che ha valore; custodire l’altro da sé; lasciarlo andare facendogli vivere una vita autonoma. Ma la generatività non riguarda solo l’individuo, è un programma sociale e politico di libertà che sa andare oltre la società del lavoro.
Giorgio Bertini
Research Professor on society, culture, art, cognition, critical thinking, intelligence, creativity, neuroscience, autopoiesis, self-organization, complexity, systems, networks, rhizomes, leadership, sustainability, thinkers, futures ++
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